Non vuole più addormentarsi da sola

Gentilissima dottoressa, sono qui ancora a disturbarla per un consiglio inerente il sonno della mia piccola di due anni e mezzo…
Da circa un mesetto finito il già lungo rituale per la nanna, con coccole, libretti scelta del peluche e così via… Giulia richede la presenza fisica di un genitore fino a che non si addormenta… prende sonno SOLO tenendo il nostro "dito pollice"…
QUesto atteggiamento coincide, circa, con l'abbassamento parziale della sponda del lettino… motivata dalle sue frequenti cadute nel tentativo di scavalcarle… ho letto che questi atteggiamenti possono anche essere dovuti a una perdita di fiducia nei genitori… e purtroppo di recente è successo un brutto episodio: la radiolina che segnala il suo risveglio non ha funzionato e la piccola si è trovata sola in casa (io lavoro al piano sotto)… credo per pochi attimi perchè istinto di mamma mi aveva portato a salire a controllare molto prima del suo abituale risveglio, la piccola stava piangendo e mi ha detto: ti cercavo, mi hai lasciata sola! Cosa ne pensa? E cosa possiamo fare ora per riabituarla ad addormentarsi da sola??? Grazie per la sua attenzione i suoi consigli aiutano sempre tante… noi mamme! Sile

 

Cara Sile, innanzituttoti chiedo di scusare il ritardo con il quale rispondo alla tua domanda, dovutoa problemi del mio pc.

La paura di rimanere da soli, nei bambini, è all’ordine del giorno. Perquanto si possano prendere tutte le precauzioniimmaginabili per evitarla, la realtà supera sempre la fantasia, e prima o poi,un piccolo errore o qualcosa che non vada per il verso giusto può semprecapitare. Però non pensare che faccia poi così tantomale. Pensa solo alle fiabe: Tutte hanno un inizio idilliaco che stimolal’interesse e la fantasia, poi, al centro del racconto, compare inevitabilmenteun orco, una strega o una situazione paurosa che alla fine, inevitabilmente, sirisolve nel migliore dei modi. Questi racconti servono proprio per esorcizzarele paure dei bambini, che sono viste appunto come inevitabili, e fare lorocapire che l’importante non è fuggire da esse ma, alcontrario, saperle affrontare con coraggio e superarle. Esse non devonodiventare motivo di fuga ma di sfida. Le paure, nel bambino, cominciano moltoprima di quando un genitore inizia ad accorgerseneperché il bambino stesso ha acquisito sufficiente coscienza dei suoi statid’animo per rendersene conto e sufficienti strumenti comunicativi peresprimerle. Pensa solo al primo sgomento della nascita, quando,per vivere, deve farcela da solo, dilatare i polmoni e respirare, senza piùl’aiuto del cordone ombelicale che gli forniva ossigeno e nutrimento; quando,per sopravvivere, deve faticare e cercarsi da solo il cibo; quando, per laprima volta, sperimenta l’angoscia del vuoto, vuoto in tutti i sensi, siaattorno al suo corpo quando non è contenuto tra le braccia, che interno alcorpo, quando sperimenta per la prima volta il malessere del vuoto allostomaco, cioè della fame. Dalla nascita alla morte, tutta la vita dell’uomo sitraduce in un’alternanza di vuoti e di pieni: vuoti che fanno male e pieni che consolano. Pensa al cuore che ci fa vivere con lesue contrazioni, cioè con i suoi svuotamenti,alternati ai suoi riempimenti; pensa al respiro, allo stomaco che si riempie esi svuota, all’intestino, alla funzione degli sfinteri, alle contrazioniuterine durante il parto, che danno la vita, e durante l’orgasmo sessule. Tutta la nostra vita, se ci pensi bene, si esprimeattorno ai concetti di vuoto e di pieno. L’uno da sensoall’altro, e non potrebbe essere altrimenti. Pensa poi ad un quadro, ad unascultura: cosa sarebbero senza i mille giochi di luce e di ombreche li caratterizzano? La nostra felicità non consiste nel mantenimento perennedi uno stato di beatitudine: anche la più intensa delle beatitudini, almeno suquesta terra, a lungo andare, diventerebbe noiosa; ilsenso della nostra fatica di vivere si esprime proprio nell’equilibrio tra ilpiacere e l’assenza di piacere, anzi, il piacere stesso, come diceva Leopardi,non è altro che la fine del dolore, inteso esso stesso come mancanza dipiacere. Tutto nell’uomo si definisce nella relatività, non nell’assoluto che èe rimane concetto astratto e utopia.

Quindi non temere le paure della tua piccola Giulia, enon avere sensi di colpa pensando di esserne in qualche modo la causa.Tutte le mamme che lavorano e che sottraggono così, inevitabilmente, una partedel loro tempo ai figli per dedicarlo al lavoro, soprattuttoquando i figli sono ancora piccolini, vivono sensi di colpa. Sonosentimenti comprensibili ma spesso esagerati. E’ provato, infatti, che le madriche lavorano trasmettono ai figli esempio di dinamicità e intraprendenza e nelminor tempo trascorso con loro concentrano moltissime energie: sembrano esserepiù creative, più ideative, più stimolantie, se non stressate, meno soggette alla depressione.

Quindi cerca di comunicare sempreil più possibile con la tua piccola, in modo che lei stessa sia sempreinvogliata a raccontarsi e ad esternare i suoi stati d’animo, e quando sitratta di paure, prendile come ottime occasioni per insegnarle larassicurazione e la consolazione. Vedrai che la prossima volta, anche se sidovesse svegliare e realizzare di essere da sola non penserà più di esserestata “lasciata” sola, ma semplicemente di essere da sola e basta. Sicuramentecontinuerà a non piacerle di essere da sola e allora con rabbia e disappunto,magari, strillerà per richiamare l’attenzione: avrà quindi imparato afinalizzare il suo malessere verso la ricerca della soluzione, quindi avràimparato ad avere fiducia sia in se stessa che neglialtri: chiamando, infatti, dimostrerà di avere fiducia che qualcuno risponderàai suoi richiami e soprattutto di credere di possedere gli strumenti idonei esufficienti per risolvere la situazione incresciosa nella quale si sarà trovatae che, da questo momento, non sarà più per lei motivo di angoscia. Almenoquesta. Un caro saluto, Daniela

 

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