Il succhiamento del pollice o del pugnetto

Buongiorno,

il mio bimbo, che ha poco più di 2 mesi, per addormentarsi è solito iniziare con la mano sinistra a strofinarsi i capelli sopra l’orecchio e con la mano destra a fare il pugno e infilarlo poi in bocca.
È possibile che sia l’inizio dell’abitudine del ditino in bocca?
E se sì, secondo Lei, come posso fare a far passare questa abitudine subito?

Grazie per la Sua gentile risposta.
Marti 80

Cara Marti,

possibile che nemmeno nei primissimi mesi di vita del proprio figlio, una mamma non sia in grado di godersi, con tenerezza e con gli occhi del cuore, lo spettacolo meraviglioso del proprio bimbo sereno e disteso che assapora la vita, attimo per attimo, godendosi con tutti i sensi il momento magico dell’addormentamento, il momento in cui tutte le tensioni del vivere si sciolgono come per miracolo in un lento e dolce affidarsi al sonno attraverso il voluttuoso piacere della suzione, e anche in quei momenti si preoccupa dell’educazione, delle brutte abitudini, delle possibili conseguenze nefaste del dito in bocca e di quant’altro? E questo di fronte ad un bimbo di soli due mesi?

Il succhiamento del pollice o del pugnetto è un comportamento che nella vita extrauterina inizia nei primi tre mesi di vita, ma meglio sarebbe dire che sembra iniziare nei primi tre mesi, perché, in effetti, già alla fine del primo trimestre di vita intrauterina, le ecografie dimostrano che il feto è in grado di succhiare la sua mano e poco dopo anche, selettivamente, il suo pollice tenendolo in bocca a lungo e con voluttà.
Le terminazioni sensitive della pelle iniziano a svilupparsi verso la settima settimana intrauterina ma, all’inizio, sono soprattutto concentrate sulle labbra e ai lati della bocca, così come le aree della corteccia cerebrale che ricevono gli stimoli sensoriali provenienti dalla bocca sono molto più estese in termini di superficie rispetto alla corrispondente superficie rappresentata dalle labbra e dalla bocca.
La bocca e le labbra sono quindi la prima fonte di esperienze sensoriali articolate e complesse del feto, molto probabilmente la prima fonte di piacere per lui. Se non fosse così, probabilmente l’interesse per la suzione sarebbe meno forte e l’istinto di alimentarsi per sopravvivere e per crescere sarebbe affievolito e inefficace.
Nei primi tre mesi di vita, circa 8 lattanti su 10 ciucciano qualcosa della propria mano e compiono questa funzione in modo istintivo, quasi automatico, inizialmente come un bisogno quasi impellente, in seguito come una funzione fonte di grande piacere e autoconsolazione.
Dopo il sesto mese di vita, solo meno del 10% dei bambini continua a succhiarsi la mano o il dito: le mani, infatti, servono ora per manipolare oggetti e per afferrare e non più tanto per consolarsi. Il mondo esterno, con il graduale sviluppo di tutta la sensorialità, delle capacità motorie più coordinate, della visione anche da lontano entra, infatti, prepotentemente nell’attenzione e nella coscienza del bambino e anche il dito è spesso sostituito da un oggetto esterno consolatore come un giocattolo morbido o un lembo di lenzuolino.
Continuando nella crescita, compiuto il secondo anno di vita, la percentuale di bambini che succhiano ancora il dito si riduce ulteriormente, e questo senza bisogno di imporre nessun tipo di restrizione ai piccoli ciucciatori.
Verso il terzo anno di vita, poi, con il trasformarsi del piacere dalla fase orale a quella anale, dove l’attenzione è concentrata sulla funzione sfinterica del trattenere e lasciare andare urine e feci, i bambini solitamente rivolgono il loro autoerotismo altrove e non sono più legati all’atto di ciucciare come fonte esclusiva di piacere. Tale persistenza, cioè la persistenza del piacere e della dipendenza dal ciuccio, anzi, può essere la conseguenza proprio di una inbizione troppo precoce di questa fisiologica funzione autoconsolatoria e questo può avvenire in vari modi: quando si svezza un lattante troppo presto riducendogli così le occasioni di succhiare la tettarella, quando gli si toglie di forza e bruscamente il dito in bocca o il ciuccio lasciandolo strillare affinché, in questo modo, perda l’abitudine; quando non gli si permette, insomma, di esprimere e sperimentare a pieno e in libertà quello che, in quella fase della vita è una funzione più che normale, fisiologica e psicologicamente molto significativa, nonché più che legittima.
Anche quando si vuole alimentare un bambino a orario, con una forma di rigidità mentale sorda ai richiami del piccolo che si lascia strillare finché l’adulto non decide che è ora di dargli ascolto e che in questo modo, e solo in questo modo, si riesce ad educare il bambino, il piccolo svilupperà un rapporto difficile non solo con la madre che è il suo oggetto principale d’amore, ma anche con il mondo, e una volta cresciuto non riuscirà più ad avere con gli altri un rapporto sereno e totalmente libero basato sulla fiducia negli altri, cioè sulla fiducia di essere ascoltato, capito e considerato e sulla fiducia in se stesso, cioè sulla consapevolezza e la sicurezza di valere qualcosa in quanto persona che avrà sviluppato il complesso di non essere degna di essere ascoltata e presa in considerazione.
Questa difficoltà, anche inconscia, di relazionarsi con gli altri, farà sì che il piccolo, anche cresciuto, tenderà a rimanere rigido su certi comportamenti e su certe nevrosi e tenderà a ricercare sempre in se stesso, con comportamenti di ripiegamento egocentrico, quella fiducia, quel bisogno di consolazione e di autorasserenamento che il mondo che lo circonda non avrà saputo dargli al momento opportuno.
Ecco allora il persistere del comportamento compulsivo del dito in bocca o dell’autoerotismo o, magari, da più grande, del vizio del fumo o della bulimia (che può sfociare anche in anoressia) proprio di quei bambini che da molto piccoli hanno ricevuto, pur in perfetta buona fede da parte dei genitori, una educazione, anche solo per certi atteggiamenti, troppo rigida o troppo normativa in un periodo della vita in cui norme e rigore proprio non dovrebbero trovare spazio.

Non preoccuparti, quindi, del dito in bocca del tuo piccolo di soli 2 mesi: esso è un atteggiamento che lo aiuta nel complesso e delicato processo di rendere simbolica la figura materna dalla quale ora dipende totalmente, per poterla poi introiettare e fare sua come immagine ideale. In questo modo, sentendo di possedere la madre dentro di sè anche quando non è fisicamente vicina, il bimbo crescerà sicuro di sè, sereno ed equilibrato e tutte le sue faticose tappe di crescita psicologica saranno affrontate con maggior serenità e facilità.
Il processo educativo non è una serie di imposizioni di regole e norme da inculcare il prima possibile ma consiste semplicemente nell’aiutare il bambino a fare uscire da sè tutte le potenzialità già contenute nella sua psiche e che chiedono solo empatia e affettuosa risonanza emotiva per potere essere messe in ordine ed esprimersi in modo armonioso.
Se saprai cogliere questo aspetto del tuo ruolo di madre, sarà normalissimo per il bimbo abbandonare la suzione del suo pugnetto o del suo dito molto prima che esso diventi, come dici tu, un vizio, pericoloso o potenzialmente tale, per il corretto sviluppo del suo palato e per un buon allineamento dei suoi dentini.
Se vorrai, invece, farlo crescere prima del tempo, il piccolo, probabilmente, lì per lì ti darà anche grandi soddisfazioni, però potresti non riuscire mai a sapere veramente cosa passa nel fondo del suo cuore e questo innocuo e innocente pugnetto al quale è stato impedito di entrare in bocca a soli due mesi, magari, chissà, da grande potrà ripresentarsi anche sotto altra forma e potrebbe forse essere più difficile risolvere il problema. Lascia, quindi, che il bimbo goda del suo pugnetto tranquillamente e quando avrà compiuto il terzo anno, poi, si vedrà.
Nel frattempo, però, fai in modo che lui possa credere in te e si possa sentire ascoltato, amato, capito e accettato.

Un caro saluto,

Daniela

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