Il travaglio: riconoscere i suoi segnali e sapere come si evolve.

Il travaglio è suddiviso in tre periodi:

  1. Il periodo dilatante: la dilatazione della cervice e l’apertura del collo dell’utero costituiscono la prima fase;
  2. Il periodo espulsivo, quando il bambino esce dal corpo materno;
  3. Il secondamento, ovvero l’espulsione della placenta, rappresenta il terzo periodo.

Come riconoscere l’inizio del travaglio?

Teoricamente, il travaglio inizia quando la cervice inizia a dilatarsi e questo evento può manifestarsi in molti modi:

  • Con la comparsa di una prima perdita di muco rosato striato di sangue, corrispondente alla espulsione del tappo cervicale (la quale però può avvenire anche giorni prima dell’inizio del travaglio)
  • Con la rottura delle membrane con perdita delle acque (ma questo non è una garanzia di vero inizio del travaglio)
  • Con un dolore sordo e persistente alla schiena, dovuto a piccole contrazioni uterine
  • Con episodi di diarrea, poichè l’intestino tende a svuotarsi prima che inizi il travaglio
  • Con debolezza e brividi

Ma il segno che più sicuramente annuncia l’inizio del travaglio è rappresentato dalle contrazioni uterine.

Queste saranno più intense di quelle pre-travaglio (le cosiddette contrazioni di Braxton-Hicks) e più vicine (almeno ogni 5 minuti) e potranno essere avvertite come dolore alla parte bassa dell’addome oppure nella zona lombo sacrale della schiena e/o all’interno delle cosce con irradiazione alle gambe.

Dunque, quando dilatazione della cervice e contrazioni uterine, intense e vicine, si associano, è iniziato il travaglio.

Come affrontare le contrazioni da travaglio?

Sostanzialmente, le contrazioni non sono uguali per tutte le donne né per quanto riguarda l’intervallo né per la durata né per l’intensità percepita (che non dipende da contrazioni più o meno dolorose ma dalla capacità della donna di sopportare il dolore).

Il modo di percepire le contrazioni varia da donna a donna e anche da un parto all’altro per la stessa donna.

Per questo motivo non bisogna farsi condizionare dalle esperienze raccontate da altre donne.

Per effetto delle contrazioni, che stirano il segmento uterino inferiore verso l’alto, prima il collo dell’utero si appiana e poi si dilata la cervice.

Ogni contrazione ha un andamento simile a quello di un’onda che si infrange su una spiaggia: inizia piano e poi aumenta di intensità fino a raggiungere il punto massimo (o picco) per poi decrescere di nuovo.

Il picco di massima intensità dolorosa dura solo 6-10 secondi. Con il progredire del travaglio, le contrazioni diventano sempre più forti e le pause tra una e l’altra, più brevi.

Generalmente, le contrazioni del travaglio richiedono tutta la vostra attenzione.

Nausea e vomito durante il travaglio

Probabilmente, durante il travaglio, sperimenterete sensazioni intense di ogni tipo, dalla disperazione all’estasi, dalla debolezza al coraggio e alla forza, dall’impressione di essere esauste al piacere di sentirsi incredibilmente forti e piene di energia.

Ci saranno momenti di malessere fisico consistente (nausea e vomito), ma se saprete non opporvi e lasciarvi svuotare questi passeranno subito e seguiranno momenti di sollievo.

Il vomito in travaglio aiuta a liberarsi dall’ansia e dalla tensione.

Nel parto tutto si svuota e non deve sorprendervi che anche il vostro stomaco e il vostro intestino tendano a svuotarsi in questo momento (quindi, non allarmatevi se sentirete di fare cacca e pipì o se vorrete correre ad abbracciare il water).

I dolori del parto

I dolori del parto hanno una cattiva reputazione: come vi dirà qualsiasi madre “partorire fa male”.

E’ senz’altro un atteggiamento realistico aspettarsi di sentire dolore, anche se, alla fine, potreste scoprire di essere una di quelle poche fortunate (ma nemmeno tanto poche) che scoprono di avere la soglia del dolore alta.

Il dolore delle contrazioni è molto intenso solo durante il picco della contrazione e poi decresce verso il periodo di pausa.

La pausa è il periodo di calma assoluta che permette sia alla madre di rilassarsi e riposarsi, sia al bambino di ricevere ossigeno dagli scambi placentari (che vengono interrotti durante la contrazione).

La pausa è un preziosissimo momento, da sfruttare nel migliore dei modi: è grazie ad essa che la donna può sopportare un travaglio lungo senza esaurire le sue riserve di energia ed il suo ottimismo.

Molte donne descrivono la contrazione come un dolore “positivo” e creativo e provano una sensazione di piacere nelle pause fra una contrazione e l’altra.

Le posizioni durante il travaglio e il parto per sentire meno dolore

Una delle cause principali che accentua inutilmente i dolori del travaglio è la posizione supina.

In questa posizione siete come un maggiolino rovesciato, incapace di difendersi: oltretutto è dannoso anche per il feto.

Durante il mio primo parto (12 anni fa), le ostetriche mi costrinsero a rimanere sdraiata nel letto. E’ stata la cosa più orribile che potessi fare.

In quella posizione, i dolori erano soprattutto alla schiena e ad ogni contrazione, mi inarcavo come per fare il ponte: oggi ne porto ancora le conseguenze.

Quando il travaglio è ancora agli inizi, potrete fare alcuni esercizi yoga (se avete seguito un corso o se le ostetriche vicino a voi sapranno consigliarvi).

Quando si contrae, l’utero si protende in avanti e, di conseguenza, lavora al massimo dell’efficienza con il minimo di resistenza, se si assume una posizione verticale o inclinata in avanti, mentre la posizione supina è controindicata.

Infatti, la posizione verticale e la deambulazione, durante il travaglio, accelerano il parto e aumentano l’efficacia delle contrazioni.

In posizione verticale, anche la discesa del bambino nel canale del parto è facilitata per azione della forza di gravità.

Una volta iniziato il travaglio, è anche utile muovere il bacino ondeggiando (un po’ come una danza del ventre) mantenendo la posizione eretta.

Altre posizioni, come quella carponi, accovacciata, seduta, hanno un effetto benefico e vi possono aiutare ad entrare in sintonia con ciò che sta succedendo dentro di voi.

Cercate, quindi, una posizione in cui starete più comode perché solo voi potete sapere qual è la posizione più “comoda” per voi.

Quindi, se ve la sentite, state in piedi il più possibile e camminate piegandovi in avanti o facendovi sorreggere dal vostro compagno quando arriva una contrazione.

Per affrontare una contrazione in piedi, potrete anche circondare il collo di un’altra persona lasciandovi scivolare verso il basso (non strozzatela, anche se ne sentirete il bisogno!).

La persona che vi sostiene dovrà tenere le spalle abbassate, flettere le ginocchia leggermente e contrarre le natiche per riuscire a sostenervi senza sforzo.

Il contatto fisico con un’altra persona a volte è richiesto dalla donna, a volte invece è evitato: ascoltatevi e muovetevi di conseguenza.

Stare accovacciate è utile anche in periodo dilatante oltre che in periodo espulsivo: il bacino si apre al massimo.

Fatevi sostenere da un’altra persona o utilizzate uno sgabello basso o un cuscino ripiegato per appoggiare il bacino, scaricando la tensione delle gambe in posizione accovacciata, e potrete anche riposare meglio durante le pause.

La posizione in ginocchio o a carponi è usata per tutta la durata del travaglio, soprattutto se il dolore della contrazione viene avvertito sulla schiena.

In questa posizione ci si può rilassare completamente nelle pause e, durante le contrazioni, il dolore diventa più sopportabile; giova moltissimo un massaggio energico nella zona lombo-sacrale eseguito da un’altra persona durante le contrazioni.

Se siete stanche e desiderate sdraiarvi, fatelo sul fianco sinistro e non supine!

Potrete fare un bagno caldo o una doccia (se siete a casa o se avete una stanza travaglio con vasca o doccia) e continuare tranquillamente le normali attività fino a che le contrazioni non vi richiederanno una completa attenzione.

In ospedale, accanto a me, era ricoverata una signora, che era alzata alle 4.30 del mattino, accusando alcuni dolori alla schiena.

Non riuscendo più a prendere sonno, ha iniziato a caricare lavastoviglie, lavatrice, stendere i panni, preparare l’altra figlia per accompagnarla a scuola.

Nel mentre, i dolori alla schiena non passavano. Ad un certo punto, verso le 8, dopo aver lasciato la bambina a scuola, si è accorta che i doloretti erano diventati più intensi e soprattutto avevano una cadenza precisa: era iniziato il travaglio! Alle 8.30 si è presentata da sola in ospedale e alle 9.00 ha partorito.

Se il travaglio inizia di notte, cercate comunque di riposarvi il più possibile e risparmiare le energie per la parte più dura del lavoro.

Se vi riesce impossibile stare a letto, mettetevi comode, sedute e riposate (al primo parto, io ho sbranato una torta intera di carote per non pensare al travaglio!).

Il travaglio in vasca

Per esperienza personale, ho vissuto la situazione in cui non vi è alcuna pausa tra una contrazione e l’altra: è decisamente estenuante!

Se vi doveste ritrovare in una situazione simile, insistete per essere messe in vasca (se avete effettuato gli esami necessari) e continuare lì il travaglio finché è possibile: in questo modo, le contrazioni si distanzieranno, permettendovi di riposare e, probabilmente, vi sbrigherete molto prima.

Io sono persino riuscita a dormire !

L’avvio del travaglio

E’ caratterizzata dal periodo “dilatante”, il più lungo, in cui le contrazioni si susseguono ad intervalli più corti e ad intensità crescente, provocando l’appianamento del collo uterino e la dilatazione della cervice fino ai famosi 10 cm di dilatazione completa.

La contrazione stira verso l’alto il segmento inferiore e quindi il collo dell’utero, provocandone la dilatazione.

Il collo uterino è molto innervato e la maggior parte del dolore della contrazione viene proprio dallo stiramento di questo.

Alcune volte il collo dell’utero si appiana nei giorni precedenti il travaglio; oppure, altre volte, soprattutto in donne che hanno già partorito, si appiana solo a dilatazione avanzata.

La frequenza delle contrazioni è variabile da donna a donna, in genere 1 contrazione ogni 2-5 minuti, la durata di ognuna è almeno di 60 secondi.

La durata del periodo dilatante è variabile. Nelle nullipare (donne che non hanno mai partorito) si aggira intorno alle 5-8 ore, ma può anche essere di mezz’ora o oltre le 12 ore.

Il travaglio: riconoscere i suoi segnali e sapere come si evolve.
Fasi della dilatazione

Cosa fa intanto il bambino?

La testa del bambino, chiamata “parte presentata” si appoggia all’ingresso pelvico orientando il suo diametro più piccolo lungo il diametro più favorevole del bacino (diametro obliquo).

Man mano che il collo si dilata la testa del bambino si impegna sempre più nell’ingresso pelvico. Solo quando la dilatazione è completa essa sarà libera di scendere nel canale del parto.

Cosa fa l’ostetrica?

Compito dell’ostetrica, in questa fase, è quello di constatare l’andamento della dilatazione attraverso le visite ostetriche (per via vaginale) e di controllare che attività uterina e dilatazione siano ottimali ed in sincronia.

Le visite avranno una frequenza variabile, in genere, comunque, possono essere effettuate ogni ora e mezza o 2.

Il battito cardiaco del bambino viene controllato ogni 15 minuti circa e solo se necessario viene applicato l’elettrodo esterno o interno per la cardiotocografia.

Quando ho partorito, 12 anni fa, il battito è stato controllato una sola volta durante le 6 ore totali di travaglio e parto così come non è stata effettuata nessuna ecografia: in compenso, le visite per via vaginale sono state fin troppo frequenti!

Durante questo periodo, generalmente verso la dilatazione completa, si può praticare l’amnioressi, o rottura del sacco amniotico, se questa non avviene spontaneamente.

A volte l’amnioressi viene fatta per stimolare le contrazioni uterine, laddove queste siano un po’ scarse e rallentino la dilatazione della cervice.
Non preoccupatevi: non sentirete nulla. E’ un’operazione del tutto indolore.

Avrete sentito parlare anche di fleboclisi di ossitocina: questo ormone, che viene prodotto spontaneamente anche dal corpo femminile, favorisce l’attività contrattile uterina.

Viene praticata la fleboclisi solo ed esclusivamente dove ci sia un rallentamento del travaglio a causa della poca validità delle contrazioni o qualora, per vari motivi, si voglia provocare il travaglio (vedi induzione del travaglio, ma oggi si utilizza sempre più raramente come tecnica di induzione, preferendole l’induzione da prostaglandine).

Leggi anche: Il travaglio indotto

Tecniche di rilassamento per il parto

E’ utile concentrarsi sulla respirazione durante le contrazioni eseguendo delle profonde respirazioni addominali e facendo attenzione in particolare alla espirazione.

Quando le contrazioni diventano molto forti, sentirete il bisogno di emettere suoni diversi, come lamenti, mugolii, mormorii o espirazioni sonore in “A” (quest’ultima tecnica si è rivelata perfetta per me!).

Non cercate di soffocare queste manifestazioni che sono del tutto naturali e possono servirvi per attenuare il dolore.

Emettere suoni stimola la secrezione di ormoni che agiscono come antidolorifici naturali e facilitano il passaggio ad un diverso livello di coscienza, inducendo calma mentale e favorendo la concentrazione.

So bene che è difficilissimo, soprattutto ricordarsene durante il travaglio: l’unico pensiero fisso è “ma quando finirà?”.

Ma sappiate che meno penserete a questo e più veloce e semplice vi risulterà il tutto.

Mentre ero in sala travaglio, non smettevo mai di guardare l’orologio. Il tempo era…diverso! Non scorrevano minuti: il tempo erano le contrazioni.

E una contrazione dietro l’altra si passava dalle 16 alle 21 senza quasi rendersene conto: sembrava un’infinità di tempo, ma anche che fosse passato solo un momento. Quindi non pensate, se ci riuscite, al tempo, perché non c’è tempo…

L’ambiente che vi circonda

Durante la gravidanza e il travaglio, l’organismo produce sostanze particolari, dette “endorfine”. Sono anestetici naturali che vi aiuteranno a rilassarvi attenuando il dolore.

Un ormone secreto dal nostro corpo, l’ossitocina, stimola le contrazioni e l’intero processo del parto. Tuttavia, la secrezione di queste sostanze è strettamente collegata al vostro stato emotivo.

Perché l’organismo lavori meglio, dovrete trovarvi in un ambiente caldo, intimo e soprattutto che vi dia sicurezza, che non crei inibizioni e vi faccia sentire completamente libere di essere voi stesse.

E’ importantissimo che abbiate fiducia nelle persone che vi aiuteranno e che possiate far conto sul vostro compagno (o un’altra persona da voi scelta) che vi rimarrà accanto durante le ore del travaglio.

Esiste un legame ben preciso tra ansia, paura e dolore. Quando si è spaventati, il nostro corpo secerne adrenalina: quest’ormone inibisce il processo del parto.

I muscoli si contraggono, la respirazione diventa superficiale e si tende a sfuggire da ciò che succede dentro di noi.

Tutto questo aumenta il dolore, ma non appena ci si rilassa e si smette di lottare con il proprio corpo, il dolore si attenua.

Una buona preparazione fisica e psicologica durante la gravidanza aiuta ad affrontare il parto con atteggiamento fiducioso anche se non esiste una ricetta per non sentire dolore.

Gli esercizi yoga permettono di entrare in confidenza con il proprio corpo, la meditazione sulla respirazione e sul vostro mondo interiore vi insegnerà a calmare la mente e ad abbandonarsi alle forti sensazioni che proverete.

Personalmente, ne ho tratto molto beneficio. Innanzitutto per l’ultimo trimestre, dove ci si sente stanche, gonfie, non si riesce a dormire, si hanno bruciori di stomaco, dolori.

Per ogni “aspetto negativo” esiste uno specifico esercizio che aiuta tantissimo a superarlo.

Successivamente, nella fase del travaglio, è stato utile aiutarmi con l’inspirazione e l’espirazione “cantando”.

Come affrontare il travaglio a livello emotivo

Il parto è un evento molto particolare nella vita sessuale di una donna, è un periodo di trasformazione: la donna diventa madre.

Durante il travaglio, il grembo si apre completamente e la donna vive una trasformazione anche nel proprio normale stato di coscienza. Il tempo assume una dimensione del tutto nuova e tutto sembra svolgersi in un altro mondo.

Il parto è un’esperienza emozionale profonda che comporta una regressione alle sensazioni più intime, semplici e primitive.

Esiste forse un ricordo inconscio della propria vita intrauterina, della propria esperienza di venire al mondo, di se stesse come essere indifeso; ma allo stesso tempo, la donna è agli albori della nuova consapevolezza di essere madre e vive una comunione molto intima con se stessa, con il proprio corpo e con il bambino che ha in grembo.

Il ventre è la sede delle sensazioni più profonde.

Avrete, in un certo senso, il bisogno di perdere il controllo, di abbandonarvi fiduciose al processo della nascita, che si svolge naturalmente.

Avrete bisogno di allontanarvi dalla vostra mente, da tutto quello che sapete e lasciare che succeda ciò che deve succedere.

E’ questo il momento di guardare in voi stesse, di abbandonarvi all’ignoto, di non pensare a quel che dovrà succedere più tardi, ma di cogliere e godere ciò che accade attimo per attimo, lasciando che il corpo segua i propri ritmi naturali e spontanei: la sola cosa da fare, infatti,  è non opporsi e lasciare che tutto accada.

Tutte le donne sono in grado di partorire

Va ricordato (ed è importantissimo non dimenticarlo mai) che il parto non è una prova, un esame in cui si deve dimostrare qualcosa a qualcuno.

Tutte le donne sono in grado di partorire: ognuna ha un livello diverso di sopportazione del dolore, di conseguenza, è un’esperienza del tutto soggettiva e non c’è chi è più brava e chi no; esiste invece, appunto, chi sopporta meglio il dolore di altre.

Quindi non preoccupatevi se vi verrà voglia di urlare o di picchiare vostro marito: è vero che urlare o fare il cagnolino (come ti suggerivano un tempo e si vede ancora in molti film) non fa bene al vostro piccolo (perché riducete l’ossigenazione), ma se, in quel momento, sentite che può aiutarvi, fatelo!

Lasciatevi andare! Non c’è niente di male!

E se in un’altra stanza, qualcuno penserà “ma la stanno spennando?”, fregatevene!

Al primo parto sono stata zitta tutto il tempo: non ho mai urlato o pianto, ma ricordo di aver preso la mano del ginecologo e di averlo implorato di farmi un cesareo (dopo averlo vissuto, non lo chiederei mai più).

La seconda volta, invece, ho urlato…eccome ho urlato!

E, quando ricordavo me stessa, mentre facevo un monitoraggio che pensavo tra me e me “ma che avrà da urlare tanto? Io non l’ho fatto”, mi maledicevo da sola e ribattevo “oca che sei nell’altra stanza: toccherà pure a te e poi ne riparleremo”.

Chiaramente lo stavo dicendo a me stessa, perché nelle altre stanze, c’erano altre donne che urlavano tanto quanto me, se non di più, ma mi aiutava a scaricare la tensione.

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