La nascita di Leonardo

29 luglio 2005, ore 13.27: per la prima volta avvicino il mio naso al suo nasino, le mie labbra sfiorano la sua testolina, ancora umida e appiccicosa. È nato Leonardo, il mio secondogenito, e io rivivo il miracolo della vita che nasce… Vedo solo lui e non quello che i medici stanno facendo dietro i teli verdi, sì, perché sono in sala operatoria e Leonardo è arrivato fra noi dopo otto mesi e mezzo di simbiosi con me nel mio pancione e due giorni di acutissime sofferenze.

Ma non per questo mi pento, anzi, forse questo calvario me lo rende ancora più prezioso, quasi avesse sofferto anche lui con me, quasi dovessimo consolarci a vicenda.

Passiamo alla cronaca. Ho il diabete gestazionale, a me sembra una cosa da nulla, ma intanto da due mesi faccio l’iniezione di insulina alla sera e nonostante la dieta (quasi) ferrea, ho messo su ben 20 kg. I medici la prendono molto sul serio. Lunedì 25 luglio vado per il primo monitoraggio. Sono a 38+0. Il medico di turno mi dice che la settimana dopo,  39+0 massimo, mi ricovera per indurre il parto. Leo sta benissimo nel pancione, il tracciato è perfetto e senza contrazioni.

Mercoledì 27 luglio vado per il secondo monitoraggio, sono a 38+2. Trovo la vice primario di turno. Con fare quasi sbrigativo mi dice che, avendo superato le 38 settimane, non c’è più motivo di lasciarlo in pancia, rischia solo di crescere troppo e di risentire del diabete. Il giorno dopo mi ricovererà.

Il mio umore si suicida e torno a casa come inebetita, non me lo aspettavo e alla sera vago per la casa senza sapere bene cosa fare.

Su consiglio di medici e ostetriche ho comperato l’olio di ricino. Ne prendo dieci capsule. Mi dicono che aiuta ad avviare il travaglio e se anche non lo facesse, aiuterebbe a velocizzare l’induzione. Beata ignoranza… Io ci credo e parto fiduciosa.

Alle 22 ho le contrazioni. Mi metto in vasca da bagno pensando "Ma guarda un po’, funziona davvero!", passano le ore e le contrazioni si sono ravvicinate, c’è da chiamare la vicina che venga per Sofia e c’è da andare in ospedale. Nella mia smisurata fantasia (e ottimismo) penso che essendo il secondo parto, ci sia da fare presto.

Alle due entriamo in ospedale. Mi stanno aspettando! L’ostetrica mi accoglie dicendo: "Sei Patrizia vero? Ti aspettavo". Insomma, sapendo dell’olio di ricino avevano previsto un mio arrivo prima del ricovero programmato.

Mi attaccano al cardiotocografo. Il tracciato è perfetto, Leonardo sta benissimo, si muove, il battito è regolare. Di contrazioni serie neanche l’ombra, sono un po’ preoccupata. Mi ricoverano lo stesso, tanto sarei comunque dovuta arrivare al mattino.

Passano le ore, sono le 7. Prima applicazione di gel. Brucia un casino, iniziano le sofferenze: bruciore intimo fortissimo e contrazioni dolorose ma non regolari. Tracciato ogni due ore circa per mezz’oretta. Arrivano le 14, visita: zero dilatazione. Seconda applicazione di gel. Il copione si ripete, bruciore, contrazioni fortine in aumento, visita, zero dilatazione. Arriva sera, cambio di turno dei medici, nuova visita, zero dilatazione.

Io sono esausta, dopo quasi 24 ore di contrazioni e dolore e nulla di fatto, sono esausta fisicamente e psicologicamente. Mi propongono di velocizzare il tutto con una flebo di ossitocina, mi metto a piangere. Poi dico di sì. Ossitocina dalle 22 alle 23, visita, zero dilatazione. Il medico decide di staccare tutto (tracciato, flebo) e di lasciarmi riposare fino a mattina.

Arriva mattina. Chiedo che mi facciano il cesareo. Mi dicono per l’ennesima volta la frase mitica che mi sono sentita dire a tutte le ore: "Con l’induzione può funzionare da un momento all’altro, abbia fiducia, magari fra un’ora è a dilatazione 10 cm". Sì, magari.

Terza applicazione di gel. Bruciore e dolore. Tanto, tanto dolore. Ormai ho male ovunque, alla schiena, alla pancia, nelle parti intime, alle emorroidi, mi sento come se avessi partorito naturalmente, come se avessi i punti là. Invece la visita dimostra che sono a ben 1 cm di dilatazione. Poiché cambiano i medici di turno, richiedo il cesareo. Il medico mi visita e mi dice che attenderà le 12 per decidere.

Ore 12, visita: fermi a un cm. Ok, si fa il cesareo a patto che il primario sia d’accordo. Visita del primario. Ok per il cesareo. Mi sento rinascere psicologicamente. Mi preparano in tempo record, mi rasano, mi svestono e mettono il camice, mi portano giù nel blocco operatorio. Per la prima volta provo paura, tutto mi fa impressione, tutti con le mascherine, l’ambiente sterile e freddo, il via-vai del personale in sala operatoria. L’anestesista – dolcissimo – mi parla piano e mi rassicura, mi spiega tutto quello che fa e 30 secondi dopo avermi fatto la puntura spinale mi sento rinascere anche fisicamente: non sento più dolore ma solo calore dal seno in giù e dopo poco non sento proprio più nulla, come morta sotto lo stomaco. Una sensazione stranissima ma bellissima, in quel momento.

Poco dopo, io sto chiacchierando con l’anestesista, mi dicono: "Guardi che fra un minuto vedrà suo figlio". "Di già? Avete già tagliato?". Non ho sentito nulla!

Ed eccolo che strilla, il primo vagito, il primo pianto, ed ecco che me lo mostrano avvolto nel telo verde, bellissimo, vero, reale, è arrivato da me.

Lo portano subito su in ostetricia dal papà e io scoppio a piangere.

Intanto in reparto lo lavano, lo pesano e misurano: 4.185 gr e 55,5 cm di "piccino", il record dell’ospedale in fatto di lunghezza. Leonardo sta benissimo, Apgar 10/10 al primo e quinto minuto di vita.  Bene.

Tempo mezz’ora e siamo tutti assieme, sono in camera mia e ho Leonardo attaccato al seno, ho Nicola al mio fianco e qualche ora dopo ho anche Sofia vicina.

Siamo una famiglia, lo eravamo anche prima, ma ora lo siamo "di più", sono felice.

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