Bambini in montagna

montagna3.jpgPrima di avere figli pensavo che portare i bambini in montagna fosse di una semplicità unica.
Ero abituata ad adattarmi a qualsiasi situazione, invece ho scoperto a mie spese, anzi, dovrei dire, a spese del mio primogenito, come un bambino necessiti di molte più attenzioni e cura nella preparazione del materiale e nell’organizzazione di itinerario e attività durante la gita, affinché l’esperienza risulti piacevole.

Innanzi tutto bisogna valutare la meta e l’itinerario: io credo che una gita in montagna, per essere tale, debba essere rivolta a un rifugio o a una meta qualsiasi non raggiungibile in auto. Bastano poche decine di minuti di cammino in mulattiera e in bosco per arrivare a luoghi privi di smog, immersi nel verde e più puliti di quanto possa essere qualsiasi rifugio o punto di ritrovo accessibile ai mezzi motorizzati (e alla folla di gente).

In questi cinque anni di escursioni coi miei due amatissimi figli (e marito) in giro per le Alpi ho appurato che la Valdaosta, il Piemonte, la Lombardia e soprattutto il Trentino Alto Adige offrono uno smisurato numero di gite di 400-500-600 metri di dislivello che raggiungono rifugi CAI o privati.
In particolare l’Alto Adige è da me amatissimo perché tutti i rifugi sono forniti di area giochi (con scivoli, dondoli, sabbia e quant’altro) e sono a tutti gli effetti “a misura di bambino”.
Il Veneto e il Friuli presentano percorsi per raggiungere i rifugi mediamente più lunghi e difficoltosi. Ciò non toglie che ci siano possibilità di organizzare belle gite, magari di due giorni pernottando in rifugio.

Un bambino anche piccolo (intendo di 4-5 anni) è in grado di camminare per alcune ore, tra andata e ritorno, in montagna, percorrendo qualche centinaio di metri di dislivello: le energie che gli servono per una bella gita in montagna non sono più grandi di quelle usate quotidianamente all’asilo o al parco. L’importante è che siano gli adulti ad adeguarsi al passo del bambino.

Il percorso deve essere adatto: i sentieri sono segnalati usando una convenzione internazionale con T (Turistici), E (Escursionistici) ed EE (Escursionistici per Esperti).
In particolare questi ultimi richiedono di avere con sé attrezzatura (imbrago e corde) pronti per ogni evenienza e quindi sono sconsigliati a chi è digiuno di montagna, specie se accompagnatore di bambini. Per buona norma di sicurezza a chi non è pratico di montagna consiglio di iniziare solo con itinerari Turistici (che sono in genere mulattiere o comodi sentieri).

Anche le condizioni meteo vanno studiate scrupolosamente prima dell’escursione: una giornata nuvolosa, o ventosa, può risultare molto fredda rispetto alla temperatura percepita in pianura.
Nella scelta dell’itinerario teniamo conto anche del dislivello globale della gita: a noi è successo di fare poco dislivello dal parcheggio dell’auto al rifugio, ma sommando i metri fatti da casa al parcheggio (in tutto 2.500 metri!) abbiamo causato un’emicrania colossale al piccolo alpinista per l’eccessiva differenza di quota .

Bene! Abbiamo deciso dove andare? Ci siamo muniti di cartina topografica in modo da non dover domandare continuamente (orrore!) informazioni agli altri escursionisti sull’itinerario da seguire? Il tempo previsto è adatto? Prepariamo lo zaino…
Che sia estate o inverno, che splenda il sole o minacci pioggia o neve è fondamentale partire sempre portando con se nello zaino berretto, guanti, occhiali da sole importanti in qualsiasi occasione e fondamentali per le gite sulla neve, giacca almeno anti-vento, un telo impermeabile per la pioggia.

Non importa se quando partiamo da casa il sole splende implacabile e la temperatura è mite. Dobbiamo tener presente che in montagna la temperatura scende mediamente di 7 gradi centigradi ogni 1.000 metri e che basta un po’ di vento o qualche nube ad abbassare repentinamente la temperatura.
Se stiamo andando sulla neve i bambini più piccoli avranno un bel tutone imbottito, i più grandicelli un completo da sci, entrambi impermeabili,come saranno il berretto e i guanti.
È meglio vestire i bambini (e se stessi) a strati: maglietta, felpa, pantaloni rigorosamente lunghi (l’iconografia alpina tramanda immagini di bambini felici tra i prati in calzoncini corti, ma a mio avviso è un’abitudine deleteria: i pantaloni lunghi preservano dai graffi dei rami, dalle escoriazioni delle cadute, e, aspetto poco noto, dagli eritemi causati dalle erbette lungo i sentieri che sono inaspettatamente aggressive per le pelli delicate e non), e infine scarponi da trekking.
In estate vanno aggiunti un cappellino con visiera o una bandana.

Una volta vestiti di tutto punto i nostri piccoli alpinisti dobbiamo mettere nello zaino tutto ciò che serve nel corso dell’escursione.
La crema solare (la protezione 50 mineralizzata è la più indicata) è un altro must.
In qualsiasi stagione, il riverbero del sole ad una quota elevata può ustionare la pelle delicata di un bimbo (e anche quella di un adulto non abituato), bisogna utilizzarla, anche se il sole è coperto dalle nuvole e ricordarsi di riapplicarla ogni 2-3 ore nel corso della giornata.

È buona norma anche avere con sé un cordino (quelli tecnici acquistabili nei negozi di articoli sportivi sono ormai leggerissimi) per poter legare il bambino se ci si imbatte in un tratto esposto, che per un adulto può essere facile, ma per un bambino, più pauroso, goffo e inesperto, può rivelarsi un pericolo mortale. Se avete scelto un itinerario turistico non dovreste mai imbattervi nella necessità di usarlo ma… portarlo con se è una sana abitudine.

Infine (e questo l’ho appreso grazie al mio secondogenito) mai difettare di kit di primo soccorso: cerotti, disinfettante e garze sono il minimo indispensabile per ovviare ad una semplice caduta.

Se lo zaino ancora non vi pesa troppo aggiungete al vostro carico un cambio completo (ma noi in genere non lo portiamo appresso, lo lasciamo in auto) e, ovviamente, aggiungete alla bisogna pannolini,ciucci, bicchierini con beccuccio e quant’altro serva per un under-2 anni.

Questi bambini dovranno pur mangiare però, no?
Infiliamo nello zaino quindi il nutrimento per il corpo (pane, affettati, formaggi, uova sode, frutta fresca e secca, e quello che la praticità e la fantasia ci suggeriscono, senza dimenticare il nutrimento dell’anima (cioccolato, merendine, succhi di frutta), che ho scoperto essere ottimi corroboranti nei momenti di stanchezza dei miei cuccioli.

Importante: i bambini (e gli adulti) devono bere di più in montagna, la traspirazione fa perdere molti liquidi anche inavvertitamente.
Invitate i bambini a bere ogni tanto anche se non sono loro a chiedere!

Una cura particolare va riservata ai bambini particolarmente piccoli, dagli 0 ai 3 anni.
I bambini così piccoli hanno evidentemente più difficoltà a godere della montagna, sia in estate (un terreno accidentato per un bambino che ha appena imparato a camminare è peggio di un percorso di guerra) sia in inverno (provate ad immaginarvi un nanetto di 80 cm che affonda nella neve alta il triplo di lui!).
Dobbiamo forse rinunciare a fargli godere della natura, il sole, l’aria pura della montagna? Certo che no, ma dobbiamo usare alcune accortezze aggiuntive.

Innanzi tutto, soprattutto in inverno, è meglio avere una base sicura (un rifugio aperto).
Meglio telefonare sempre prima per assicurarsene (molti rifugi chiudono da settembre ad aprile, o addirittura a giugno, e per noi è diventata celebre una gita fatta in un giorno di cattivo tempo con meta un rifugio poi risultato chiuso per incendio).
Il rifugio è meglio se si trova in una zona pianeggiante, in modo di permettere anche a chi sperimenta i primi passi di sgranchirsi le gambe dopo una salita nello zaino (riferimenti e informazioni si trovano in molti siti).

Assicurarsi sempre che mani, viso e piedi del bimbo siano asciutti e caldi, e in ogni caso dopo qualche ora di permanenza all’aperto, riprendere temperatura e forze al caldo del rifugio.
Qui i bambini più piccini potranno anche essere allattati (o potrà essere scaldato il latte artificiale) e i più grandicelli potranno mangiarsi pastasciutte e minestroni caldi (mentre mamma e papà si sbafano il brasato e la polenta oncia).

Cos’altro aggiungere? Ora che avete sopperito a tutto ciò che poteva costituire un disagio, non resta che godersi appieno la Montagna: l’esperienza di una gita in montagna deve essere occasione per un bambino di vedere, toccare, gustare, odorare la natura e la magia del bosco.

Un insetto, un animale, un albero colpito da un fulmine, un formicaio, tutto è nuovo, tutto è avventura. Il deposito attrezzi di un tagliaboschi immerso nel bosco diventa la casetta di Biancaneve, un sasso con una forma particolare è il trono del Re degli Gnomi, una farfalla di notte diventa una fata, un albero contorto è un antico gigante pietrificato.
Non poniamo limiti alla loro fantasia e alla loro sete di natura, che in un bambino dovrebbero essere innate e vanno comunque stimolate e alimentate.

Buona gita e buon divertimento!

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