Trasferimento prima della separazione legale

 
Buongiorno,

avrei da sottoporle un quesito decisamente importante per me.
Premetto che la mia compagna, se così possiamo chiamarla, avrà settimana prossima un incontro tra lei e suo marito in presenza dei rispettivi avvocati e che quindi è ancora legalmente sposata.
Da quattro anni suo marito ha cominciato a mutare profondamente il suo modo di fare come padre e come marito, passando troppo tempo su Facebook e trascurando i suoi doveri di coniuge e padre. Ha usato violenze fisiche e psicologiche sulla moglie e pure sui figli minorenni (4, 8 e 10 anni), negli ultimi due mesi ha costantemente minacciato me e la moglie di morte e di farci guerra aperta, ma poi ha cambiato idea e versione diverse volte. Era partito col volere i figli a ogni costo, ma poi ha detto che non riuscirà a mantenerli e che quindi li lascia a noi, ora sta solo alimentando, volontariamente, le paure della moglie relative a un suo trasferimento con i bambini. Loro adesso abitano in provincia di Torino e io a Bologna, futura sede della moglie e dei figli. 

Come dicevo, settimana prossima ci sarà l’incontro solo con gli avvocati. Lei porterà referti medici dovuti alle violenze subite e diverse prove prese dalla pagina Facebook del marito, in cui la diffama pubblicamente insultandola e in cui minaccia me medesimo di morte. Firmeranno un foglio di separazione consensuale in cui lei dirà che si vuole trasferire qui, cosa che anche i figli manifestano quotidianamente. La mia domanda è la seguente: in attesa di firmare davanti al giudice lei è obbligata comunque a vivere con il marito, oppure può trasferirsi a Bologna? Nel caso in cui le dicano invece che deve rimanere li, può in qualche modo far sì che il marito esca di casa almeno fino a sentenza firmata?

Spero di essere stato abbastanza chiaro nell’esporre la situazione, e spero di ricevere quanto prima la risposta.

Distinti saluti.

Gianluigi
Caro Gianluigi,
premetto che non è mai opportuno intervenire in una vicenda già affidata ad un professionista, che quindi si presume conosca la vicenda nel dettaglio, a maggior ragione attraverso uno strumento così impersonale e "superficiale" quale la rubrica, anche se specialistica, di un sito internet.
Voglio quindi che sia ben chiaro che la sua compagna dovrà continuare a seguire i consigli del proprio legale, a cui si è affidata e ha conferito mandato, e che pertanto quanto io mi accingo a scrivere non sostituisce in alcun modo né intende smentire o mettere in discussione l’operato del collega che è stato formalmente incaricato di seguire la vicenda.
Premesso questo, ritengo che se la sua compagna e addirittura i minori sono stati oggetto di violenze fisiche e psicologiche da parte rispettivamente del marito e padre, il primo passo da fare sia quello di valutare attentamente il pregiudizio che tali comportamenti hanno provocato nelle vittime di questi reati e di rivolgersi all’autorità per tutelare i minori e anche la sua compagna dalla possibile reiterazione degli abusi.
Questo perché, in linea strettamente teorica, l’obbligo di coabitazione tra coniugi cessa solo con l’autorizzazione del Presidente del Tribunale in sede di udienza di comparizione dei coniugi, che viene fissata dopo il deposito del ricorso per separazione, sia essa consensuale o giudiziale. Prima di tale momento è quindi inopportuno, in situazioni "normali", che i coniugi si allontanino dal domicilio coniugale.
Certo è che se il protrarsi della convivenza deve portare i soggetti a subire violenze o abusi, nessuno potrebbe consigliare a tali persone di tollerare un giorno di più una situazione altamente pregiudizievole e pericolosa.
Non a caso l’ordinamento prevede una serie di strumenti (gli ordini di protezione ex art. 342 bis c.c., per esempio) di cui i soggetti coinvolti in determinate situazioni si possono avvalere, oltre a quello della denuncia – querela in caso di reati, per ottenere una tutela urgente e sottrarsi quindi alla situazione pregiudizievole.
Capisce, però, che io non posso dare indicazioni più precise al riguardo, atteso che la scelta di quale sia la strada migliore da percorrere a tutela dei minori e della signora deve essere fatta valutando in concreto ogni circostanza.
Ritengo quindi di non poter dire di più e di dover consigliare alla sua compagna di affidarsi al proprio legale, il quale saprà assisterla in maniera adeguata.
Cordialità.
Avv. Chiara Donadon

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